
Stati Uniti: un sondaggio su fede, dolore, morte e aldilà in pandemia
Il 44% degli americani adulti ritiene che la sofferenza non sia una conseguenza dell’azione di Dio, ma di quella dell’uomo. Questo è quanto emerso, tra le altre cose, dall’ultima ricerca condotta dal celebre Pew Research Center. In particolare, dopo due anni di Covid-19, il sondaggio ha voluto indagare la visione della popolazione statunitense in merito a due questioni: la prima, la sofferenza umana e il ruolo di Dio in essa; la seconda, l’aldilà e l’esistenza di Paradiso e Inferno.
La sofferenza e il ruolo di Dio
In merito al primo aspetto indagato, i ricercatori hanno posto ai partecipanti la domanda “Perché la sofferenza esiste?”. Dai risultati, ciò che emerge è che atei e agnostici hanno una diversa concezione di essa e delle sue origini rispetto a chi è cristiano. Le differenze emergono di fronte all'idea di un dolore che esiste «per fornire un'opportunità alle persone di uscirne più forti»: coloro che si definiscono cristiani, sono “molto d’accordo” per il 21% e “abbastanza d’accordo” per il 46%; al contrario, gli americani atei, così come gli agnostici, si dichiarano “molto d’accordo” solo per il 5%. Un’altra ragione di
disaccordo riguarda l’affermazione «La sofferenza è per lo più una conseguenza delle azioni delle persone»: al 23% di cristiani “molto d’accordo” si oppone il 9% degli atei e il 13% degli agnostici.
Per comprendere come la fede in Dio degli americani si intersechi con le loro prospettive sulla sofferenza umana, ai partecipanti è stato chiesto se credono o meno in Dio. Più della metà degli adulti americani (58%) dice di credere in Dio come descritto nella Bibbia. Un ulteriore 32% crede in qualche altro tipo di potere superiore o forza spirituale, mentre il 9% non crede in Dio o in qualsiasi potere superiore nell'universo. Agli intervistati che hanno espresso una fede in Dio o in qualsiasi tipo di potere superiore è stato allora chiesto se, quando sentono parlare di cose terribili che accadono alle persone, si arrabbiano con Dio per aver permesso tanto dolore nel mondo: pochi adulti americani (3%) dicono di sentirsi così mentre il 14% dice di provare «qualche volta» rabbia verso Dio. La maggioranza degli americani dice di sentirsi
Pochi credenti americani dicono che il dolore nel mondo ha scosso la loro fede in Dio: solo il 3% si trova “molto d’accordo” con l’affermazione “Ogni tanto penso che la sofferenza nel mondo sia un segnale della non esistenza di Dio”; allo stesso modo solo il 5% dice di essere “molto d’accordo” con “Ogni tanto la sofferenza nel mondo mi fa dubitare che Dio sia amorevole e gentile”.
Se la sofferenza nel mondo non fa dubitare dell'esistenza, del potere o della bontà di Dio, allora come fanno le persone a conciliare tutto ciò con la loro fede? La maggior parte degli americani dà la colpa della sofferenza umana alle persone stesse. Otto statunitensi su dieci, infatti, sono d’accordo con l’idea che la maggior parte del dolore nel mondo derivi dalle azioni delle persone e non da Dio. Molti vedono anche la sofferenza umana come parte di un piano più grande: circa la metà degli adulti statunitensi approva l'idea che Dio scelga di non fermare la sofferenza, in quanto parte di un piano più grande.
L’aldilà nella concezione dei credenti statunitensi.
Al 73% di adulti statunitensi che crede nel paradiso e al 62% che crede all’inferno fa da contraltare il 26% che non crede in nessuno dei due. Rispetto al 2014, quando il Pew Research Center aveva effettuato un sondaggio in merito alle credenze religiose degli statunitensi con lo scopo di darne un quadro generale, i dati non sono cambiati molto. All’epoca, il 72% della popolazione americana aveva detto di credere nel paradiso e il 58% all’inferno.
Agli intervistati che hanno dichiarato di non credere né nel paradiso né all'inferno, ma che comunque credono in una vita dopo la morte, è stata data l'opportunità di descrivere la loro idea di questa vita dopo la morte. Il 21% ha espresso la convinzione di un aldilà in cui lo spirito, la coscienza o l'energia di una persona continua a vivere dopo che il suo corpo fisico è morto, o in un'esistenza continua in una dimensione o realtà alternativa. Un ulteriore 17% degli intervistati esprime la convinzione che le persone sopportino un'esistenza ciclica o diventino illuminate dopo la morte. Alcuni credono che l'energia delle persone si ricongiunga all'universo in qualche forma, mentre altri ritengono che le persone entrino semplicemente in una pace senza dolore.
Ugualmente, a coloro che hanno dichiarato di credere in paradiso e inferno è stato domandato di descrivere la loro idea di questi luoghi: se da un lato la maggior parte dei credenti statunitensi ritiene che il paradiso un luogo privo di ogni pena, nel quale ci si possa ricongiungere con i defunti ed incontrare Dio, d’altra parte l’inferno si caratterizza per sofferenza psicologica e fisica, che permetta l’assunzione della consapevolezza del male fatto in vita.
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