
Cattolici nella resistenza armata: un libro dello storico Alessandro Santagata
Tratto da: Adista Documenti n° 5 del 12/02/2022
DOC-3171. ROMA-ADISTA. Il modello canonico del partigiano cattolico è il «ribelle per amore» Teresio Olivelli, beatificato come «martire in odium fidei» il 3 febbraio 2018: un martire partigiano quindi, più che un partigiano «combattente». Si tratta di una figura, quella del partigiano «combattente», che, pur non assorbendo o esaurendo tutte le molteplici declinazioni della Resistenza, tuttavia assume in essa un ruolo centrale. Ma che è stata lasciata in ombra dalla storiografia del movimento cattolico, forse per una sua quasi strutturale reticenza ad affrontare il nodo della violenza armata praticata dai credenti, evidentemente visto come contraddittorio o quanto meno problematico.
Colma ora questa lacuna, il volume di Alessandro Santagata – ricercatore in Storia contemporanea all’università di Padova, già autore di una monografia che ricostruire la genesi della «contestazione cattolica» dal Concilio Vaticano II al ‘68 (v. Adista n. 19/16) – il quale, ispirato dagli studi dello storico Claudio Pavone, analizza il tema dei cattolici impegnati con le armi in pugno nella Resistenza al nazifascismo (Una violenza “incolpevole”. Retoriche e pratiche dei cattolici nella Resistenza veneta, Viella, Roma 2021, pp. 324, euro 28; acquistabile anche presso Adista: tel. 066868692, email: abbonamenti@ adista.it, internet: www.adista.it).
Quella di Santagata non è una storia della Resistenza dei cattolici nelle province venete di Padova e Vicenza – sebbene ne racconti molti episodi e snodi, attingendo a una grande quantità di fonti e con un esame attento della storiografia – ma una ricerca inedita che, pur focalizzandosi in un ambito territoriale ben delimitato, approfondisce un tema di portata generale: cosa significò per i credenti prendere le armi e usarle contro i nazifascisti, anche uccidendo, e il “peso” assunto dalla fede in tale scelta. In particolare l’indagine è incentrata sulle modalità con le quali i cattolici hanno in un certo senso giustificato la propria partecipazione alla Resistenza armata – in assenza di pronunciamenti ecclesiastici in tal senso –, decostruendo tutte le retoriche costruite ex post, come appunto quella del «martire» vittima del nemico o quella del «buon partigiano cattolico» contrapposta al «cattivo gappista» comunista.
Pubblichiamo qui alcune pagine scelte dell’introduzione, che delineano sinteticamente il denso percorso di ricerca affrontato nel volume.
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