
Pax Christi Lamezia: Indietro Savoia!
LAMEZIA TERME-ADISTA. Messa solenne in cattedrale, a Lamezia Terme, in memoria di tutti defunti di Casa Savoia. Ma il punto pace di Pax Christi della città calabrese protesta: i Savoia, oltre alle «responsabilità» per le due guerre mondiali, rappresentano «quanto di più lontano ci possa essere dagli insegnamenti del Vangelo».
La messa, che sarà presieduta dal parroco don Carlo Cittadino, si svolgerà domani, domenica 28 agosto alle ore 12, nella cattedrale dei santi Pietro e Paolo di Lamezia Terme. In prima fila ci saranno i cavalieri e le dame degli ordini dinastici della Real casa di Savoia insieme a una rappresentanza dell’Istituto nazionale per la Guardia d'onore alle reali tombe del Pantheon che, prevede il cerimoniale, «si ritroveranno in sacrestia per la vestizione dei manti e attraverseranno la navata centrale, secondo le antiche e suggestive modalità del corteo introitale, sino alla collocazione in chiesa nei posti ad essi assegnati». Nel corso della messa verrà letta la preghiera del cavaliere e, al termine, il delegato gran magistrale della Calabria, Domenico Lupis, procederà alla consegna dei diplomi e delle insegne dei nuovi cavalieri i quali, a causa della pandemia, non hanno potuto partecipare agli ultimi capitoli generali degli Ordini. Tutto si concluderà con una «colazione benefica», il cui ricavato verrà devoluto alle famiglie bisognose della diocesi di Lamezia Terme.
Il nuovo vescovo di Lamezia, mons. Serafino Parisi, sapeva tutto e ha autorizzato la messa solenne? Secondo don Cittadino, parroco della cattedrale, no. «È stata una mia autonoma iniziativa, supportata dal fatto che i richiedenti, a loro dire, contavano sulla partecipazione del vescovo mons. Paolo De Nicolò», reggente emerito della Prefettura della Casa pontificia nonché gran priore degli ordini monastici di Casa Savoia, spiega don Cittadino, replicando alla nota di Pax Christi. «Dell'organizzazione e del mio personale assenso a detta celebrazione il nostro vescovo, mons. Serafino Parisi, peraltro impegnato nella stessa data nelle celebrazioni in onore della Madonna della Quercia a Conflenti, non era stato previamente avvisato», conclude il parroco della cattedrale.
Informato o no - ma sembra strano che il vescovo non sapesse nulla di una tale iniziativa nella messa domenicale nella cattedrale della diocesi che gli è stata affidata, a meno che gli organizzatori non abbiano voluto appositamente approfittare della sua assenza -, gli attivisti del punto pace di Pax Christi di Lamezia hanno comunque deciso di scrivere al vescovo Parisi, per esprimere il proprio sconcerto.
«La notizia della celebrazione di una messa solenne in cattedrale in memoria di tutti i defunti dell'ex Casa regnante ci lascia alquanto perplessi», si legge nella lettera inviata al vescovo, «Quella Casa Savoia che, al di là delle responsabilità che porta per le sue complicità e i suoi silenzi nelle immani tragedie delle due guerre, rappresenta quanto di più lontano ci possa essere dagli insegnamenti del Vangelo. Sì, proprio il Vangelo di Cristo che non predica i silenzi nè copre le complicità. Certo le morti, anche quelle dei complici delle menzogne che giustificano le guerre, vanno onorate con la richiesta di intercessione della Misericordia per il riposo eterno».
Ma quella che verrà celebrata domani, prosegue il testo, «non è una messa in suffragio di un semplice cittadino passato a miglior vita; è una cerimonia intessuta di segni "teatrali", declamati non su un palcoscenico laico ma ai piedi della Croce dove ci si inginocchia per pregare Cristo risorto. La Chiesa, dunque, che si fa palcoscenico di manifestazioni regali con modalità rituali che si pensava non dovessero più esistere: vestizione di manti, attraversamenti di navate centrali, cortei introitali e assegnazione dei posti rigorosamente individuati. Un'ostentazione dei segni del potere a cui una figura straordinaria della Chiesa post-conciliare, come don Tonino Bello, contrapponeva il potere dei segni. I segni del potere, quello dei Savoia, che si esplicarono nelle responsabilità del primo conflitto mondiale e nell'affermazione della dittatura fascista che portò l'Italia alla seconda guerra mondiale; guerre che costarono milioni di morti e la mortificazione della Chiesa del tempo. Sono note le vicende dei cappellani militari, a cui venne proibito di utilizzare la parola "pace" e imposto di benedire le armi che servivano ad uccidere o ad intonare "Te Deum" di ringraziamento per le stragi perpetrate nei confronti dei nemici. E non si trattava di atti estremi sfuggiti al controllo del potere monarchico, di norma avveduto e misurato, ma di atti di viltà di una monarchia incolta e senza dignità, che aveva deciso di lasciar fare anche le cose più esecrabili come la promulgazione delle leggi razziali nazifasciste».
L'appello finale al vescovo è chiaro: «La preghiamo di fare qualcosa per risparmiare alla Chiesa lametina e alla nostra città questa immeritata mortificazione».
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