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Papa e vescovi ucraini si incontrano in Vaticano: pace fatta?

Papa e vescovi ucraini si incontrano in Vaticano: pace fatta?

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Pace fatta fra papa Francesco e i vescovi greco-cattolici dell’Ucraina? È presto per dirlo: occorrerà vedere come si svilupperanno le relazioni nei prossimi mesi. Sicuramente il lungo incontro che c’è stato ieri in Vaticano fra il pontefice e i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina – a Roma per il loro Sinodo – è stata un’importante occasione di chiarimento.

Da quando è iniziata la guerra con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le distanze fra Roma e Kiev sono aumentate, a causa di alcuni gesti e parole “pacifiste” di Bergoglio – fra tutti l’invito congiunto a russi e ucraini alla Via Crucis al Colosseo – interpretate come «equidistanti» da parte dei cattolici ucraini, che più volte hanno accusato Bergoglio di freddezza nei confronti della loro causa. Nelle ultime settimane, poi, le polemiche sono esplose in seguito alle parole del papa sull’eredità culturale della «grande Russia», di cui peraltro lo stesso Bergoglio ha chiarito il senso rientrando dalla Mongolia («non pensavo all’imperialismo»).

Che il confronto di ieri fra il pontefice e i vescovi sia stato franco si evince soprattutto dal comunicato del segretariato dell’arcivescovo di Kiev, Ševčuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, secondo cui si è trattato di «un momento di ascolto reciproco nonché un’opportunità di un dialogo diretto e sincero». I vescovi hanno rimarcato che alcuni atti del papa «risultano dolorosi e difficili da comprendere per il popolo ucraino, che in questi istanti sta lottando per preservare la propria dignità e indipendenza», e hanno sottolineato che queste incomprensioni «vengono sfruttate dalla propaganda russa per giustificare, promuovere e sostenere la propria ideologia omicida».

Più “irenico” il resoconto da parte vaticana: ha evidenziato i sentimenti del papa «di vicinanza e partecipazione alla tragedia che vivono gli ucraini, sottoposti a crudeltà e criminalità» e ha espresso «il suo dolore per il senso di impotenza che si sperimenta davanti alla guerra».

Certo è che la Santa sede ha provato in tutti i modi a rassicurare Kiev sulla vicinanza del papa: «sarebbe ingiusto dubitare del suo affetto per il popolo ucraino e del suo sforzo, non sempre compreso e apprezzato, di contribuire a porre fine alla tragedia in atto e ad assicurare una pace giusta e stabile attraverso il negoziato», ha detto il cardinale segretario di Stato Parolin.

Basterà? Non è detto, perché la Chiesa ucraina, fatta salva la legittima difesa, sembra conservare un substrato nazionalista che non sempre si concilia con il pacifismo radicale del papa. Un punto di incontro potrebbe essere la liberazione dei prigionieri – fra cui due preti redentoristi – e il rientro a casa dei bambini. Questioni su cui sta lavorando anche il card. Zuppi, atteso a Pechino nelle prossime settimane, nell’ambito della «missione di pace» che gli ha affidato Bergoglio.

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