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Né dolo né tornaconto: prossima la sentenza d'appello per Mimmo Lucano

Né dolo né tornaconto: prossima la sentenza d'appello per Mimmo Lucano

Il 20 settembre si è tenuta l’ultima udienza, dedicata alla difesa dell’ex-sindaco di Riace, Mimmo Lucano, condannato in primo grado a 13 anni di reclusione per la prolungata accoglienza dei cosiddetti “lungo soggiornanti”, le verifiche su rendicontazioni e documentazione da parte delle associazioni, una carta d’identità considerata falsa. l’11 ottobre, si aprirà la Camera di Consiglio per definire la sentenza di secondo grado.

Durante la seduta del 20/9 gli avvocati difensori, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, che da anni lo difendono a titolo gratuito, hanno illustrato le loro valutazioni critiche della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Locri ormai quasi due anni fa.

I loro interventi in aula sono illustrati da Giovanna Procacci su Comune-info. «Con le parole dei difensori di Lucano è riapparso come per incanto il dibattimento», scrive. «Quel dibattimento che la sentenza di Locri aveva ignorato, tutta schiacciata com’era sulle argomentazioni dell’accusa, al punto da non tener in nessun conto le vicissitudini che avevano subìto nel corso della discussione processuale. La logica della prova, della sua debolezza o della sua mancanza, vibrava di nuovo nell’aria, dopo che quella sentenza l’aveva relegata a indizio, supposizione, pre-giudizio, se non addirittura a gratuiti voli pindarici su intenzioni passate e future».

I difensori hanno smontato la tesi che Lucano inseguisse un vantaggio economico: dalla lettura degli atti processuali, scrive Procacci, «risulta che non aveva un soldo sul proprio conto corrente, che ha messo tutto a disposizione degli altri, perfino i premi che ha ricevuto, che vive in condizioni di povertà». «Allora, di fronte all’impossibilità di provare il vantaggio economico, si è preteso che Lucano abbia agito per vantaggi politici, per creare un sistema clientelare che gli garantisse una lunga carriera politica. Ma come si fa a dire che ha fatto quello che ha fatto per motivi politici se, come tutti sanno, ha ostinatamente rifiutato di candidarsi per un posto praticamente assicurato al Parlamento Europeo? “Questo dovrebbe già chiudere il processo”, osserva Pisapia, perché manca il dolo e manca la consapevolezza e la volontà di perseguire un vantaggio personale – due fattori essenziali per stabilire un reato penale».

Per una lettura integrale dell’articolo, vedi Ultima stazione per Mimmo - Comune-info.

*Foto di Carlo Troiano tratta da Wikimeida Commons, immagine originale e licenza

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