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"Clean the COP!". Alla COP29 di Baku c'erano 1773 lobbisti dell'oil&gas

“Clean the COP!” è la campagna lanciata a Montecitorio il 12 novembre scorso, giorno di apertura della COP29 a Baku in Azerbaijan, da A Sud-Ecologia e Cooperazione, EconomiaCircolare.com e Fondazione Openpolis, con l’adesione di Greenpeace Italia, Energia per l’Italia, ISDE-Medici per l’Ambiente, Coordinamento Nazionale No Triv e Rinascimento Green (v. Adista online). Obiettivo dell’iniziativa, ha affermato nello stesso giorno l’associazione A Sud è «“pulire” le COP dagli interessi dell'industria fossile», svincolando gli obiettivi delle COP da quelli dell’industria oil&gas. Società civile, scienziati e parlamentari sensibili hanno denunciato a Montecitorio l’eccessiva influenza politica dei lobbisti del fossile nel Paese e «nell’ambito delle negoziazioni internazionali» e hanno chiesto al governo di «non facilitare la loro presenza alle conferenze ONU sul clima».

In una nota del 22 novembre scorso, in chiusura dei lavori a Baku, A Sud è di nuovo tornata a denunciare il ruolo dell’Italia, che si è presentata alla Conferenza Onu con il triste primato, condiviso con la Grecia, di «primo Paese in Europa per badge concessi a rappresentanti di imprese dell’Oil&Gas». Attraverso una lettura più approfondita della lista degli accrediti, spiega infatti la nota di A Sud, la Campagna ha potuto quantificare «i lobbisti delle imprese fossili che il governo ha accreditato per la Cop29».

La domanda sorge dunque spontanea: «Per chi lavora il governo? A giudicare dagli accrediti concessi per la Cop29 ai lobbisti delle energie fossili non certo per la decarbonizzazione», che avrebbe dovuto essere il primo obiettivo della comunità internazionale riunita a Baku.

L’Italia, spiega la campagna, ha concesso 24 badge a rappresentanti di imprese italiane e straniere del settore, come Eni, Enel, Edison, Snam, Italgas, ma anche Seingim Group e Socar.

«Ha senso continuare a facilitare la presenza di questi soggetti alle Conferenze sul clima?», si chiede l’associazione: «No». Per questa ragione la campagna “Clean the COP!” «chiede al governo italiano di lavorare per ripulire le negoziazioni climatiche internazionali dagli interessi delle industrie dell’oil&gas, di essere coerente con gli obiettivi di decarbonizazione nazionali ed europei, e di garantire trasparenza in merito ai criteri coi quali concede accrediti governativi per partecipare alle Cop».

Alla COP29 di Baku di lobbisti del fossile provenienti da tutto il mondo erano in 1773. Tutti accreditati e spesso proprio dagli stessi governi che hanno firmato la Convenzione quadro dell’Onu sui Cambiamenti Climatici (Unfccc). La stessa «che dovrebbe trovare soluzione alla crisi climatica». Il dato è stato fornito, accedendo alle liste ufficiali dei partecipanti diffuse dall’UNFCC, da Kick Big Polluters Out (KBPO), un cartello di oltre 450 organizzazioni ambientaliste per il phase-out dal fossile.

«Gli eventi meteorologici estremi legati alla crisi climatica sono costati all'economia globale più di 2.000 miliardi di dollari nell'ultimo decennio», ha denunciato Raffaele Lupoli (direttore di EconomiaCircolare.com). «I sussidi all'industria dei combustibili fossili ammontano a 7.000 miliardi di dollari solo nell'ultimo anno. E nel frattempo alla Cop i grandi inquinatori, gli stessi che continuano a incrementare gli investimenti in energie fossili, siedono accanto ai rappresentanti dei governi facendo pressioni per implementare false soluzioni e rallentare le azioni finalizzate a far pagare loro i costi della decarbonizzazione». «Non è tollerabile che siano i governi stessi a riservare a questi soggetti spazi privilegiati durante le trattative, creando peraltro una disparità di trattamento rispetto a chi rappresenta le imprese davvero impegnate nella decarbonizzazione».

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